Quando gli oceani erano ancora specchi senza nome; quando l’Europa sondava i limiti del proprio orizzonte; quando il vento era un messaggero degli dei e non uno strumento degli uomini, un esploratore musulmano eunuco alto quasi due metri si alzò dal cuore della Cina imperiale per misurare il polso del mondo. L’ammiraglio Zheng He, questo era il nome del gigante, comandava una flotta colossale che solcava i mari nel XV secolo al servizio dell’imperatore Yongle, terzo della dinastia Ming.
71 anni prima di Colombo: la controversa teoria su come la Cina raggiunse l’America
Zheng guidò sette spedizioni tra il 1405 e il 1433 a bordo delle baochuan, le “navi del tesoro”, enormi imbarcazioni di legno con fino a nove alberi e 120 metri di lunghezza che eclissavano le successive caravelle iberiche. Le sue flotte solcarono l’Oceano Indiano, visitarono le coste di Ceylon (l’attuale Sri Lanka) e la penisola arabica, e raggiunsero i porti dell’Africa orientale. La sua missione, raccontano gli storici cinesi, non era quella di un conquistatore né di un missionario. Non intendeva colonizzare, ma far conoscere ad altri popoli lo splendore della dinastia Ming e costringere i governanti di terre lontane a offrire tributi in cambio di rotte commerciali.
Il 12 ottobre riprendiamo la storia di Zheng perché alcuni studiosi contemporanei ed entusiasti revisionisti sostengono che l’esploratore cinese personalmente, o almeno alcuni dei suoi capitani, raggiunsero le coste dell’America e che lo fecero 71 anni prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Un’ipotesi resa popolare per la prima volta dallo scrittore ed ex comandante della Marina britannica Gavin Menzies, che all’inizio del secolo ha pubblicato un libro, 1421: L’anno in cui la Cina scoprì l’America, in cui presenta una serie di mappe presumibilmente disegnate dai marinai della flotta di Zheng in cui si vede il continente americano.
Menzies sostiene che fu Zheng e non Colombo ad anticipare la globalizzazione, navigando verso il Nuovo Mondo con uno spirito diplomatico e non di conquista. Ma la realtà è che esiste una corrente dominante di studiosi che sostiene che non esistono prove archeologiche o documentali convincenti che consentano di collegare le flotte di Zheng all’America, e che le cronache imperiali non citano nulla riguardo a viaggi oltre l’Africa.
Le tesi di Menzies compaiono anche in un altro libro pubblicato lo scorso anno (Esplorazione globale cinese nell’era precolombiana) dall’accademica cinese-americana Sheng-Wei Wang. «Delle sette formidabili spedizioni di Zheng He, con oltre 300 navi e quasi 30.000 persone a bordo, è rimasta pochissima documentazione. Al ritorno dall’ultimo viaggio, la Cina aveva subito un cambiamento verso una politica isolazionista, con un nuovo imperatore che aveva abbandonato l’esplorazione marittima, e gran parte della documentazione storica delle spedizioni di Zheng è stata distrutta, quindi rimane un mistero fino a dove siano riusciti ad arrivare”, sottolinea l’autrice, che cita diverse carte nautiche che indicherebbero aree sconosciute dei Caraibi prima dell’arrivo di Colombo alle Bahamas nel 1492, come quelle disegnate dal cartografo italiano Zuane Pizzigano.
Wang prende anche come riferimento il primo mappamondo conosciuto scritto interamente in mandarino, pubblicato nel 1602 dal missionario italiano Matteo Ricci, pioniere gesuita in Cina che introdusse il cristianesimo e la cultura occidentale nella dinastia Ming. Si ritiene che la mappa di Ricci sia ispirata a piani originali europei, ma Wang assicura che, dopo averli analizzati, è giunto alla conclusione che la fonte originale si trovava in mappe probabilmente disegnate dai marinai della flotta di Zheng durante i suoi sette viaggi. Uno degli esempi che presenta è che Ricci colloca l’attuale isola di Cape Breton, sulla costa atlantica del Canada, divisa in due da un canale esistente che non appare in nessuna mappa europea antica. La sua teoria, condivisa in un altro studio di un architetto e un topografo canadese, è che i cinesi fossero arrivati sull’isola nel 1433.
Gli storici cinesi raccontano che Zheng He nacque lontano dal mare, nella provincia dello Yunnan, e che finì per essere catturato dai mongoli, che castrarono l’esploratore durante la pubertà. Zheng, come tanti altri bambini eunuchi, finì per servire alla corte imperiale dell’allora capitale, Nanchino, dove fece carriera fino a diventare il principale consigliere dell’imperatore. Nel 1405 intraprese il primo dei suoi sette viaggi, raggiungendo le coste del Vietnam, attraversando lo stretto di Malacca e navigando verso ovest attraverso l’Oceano Indiano. Nella quarta spedizione raggiunse lo stretto di Hormuz, nel Golfo Persico. I viaggi successivi furono ancora più a ovest, entrando nel Mar Rosso fino alla costa dell’Africa orientale. Secondo una versione alternativa lontana dal consenso storiografico, la flotta avrebbe poi proseguito fino alla foce del fiume Orinoco (Venezuela) e, più avanti, fino allo stretto di Magellano.
Il britannico Menzies, che ha trascorso 15 anni a studiare documenti storici e mappe antiche, ha anche sottolineato nel suo libro che le navi guidate da Zheng raggiunsero quella che oggi è l’Australia, 350 anni prima dell’arrivo della spedizione guidata dal capitano James Cook (1770). Dieci anni fa, un team di archeologi australiani ha trovato una moneta della dinastia Qing datata tra il 1735 e il 1795. Il capo dello scavo ha affermato che si trattava di un’ulteriore prova del fatto che i cinesi avevano avuto contatti con gli aborigeni della regione prima dell’arrivo degli inglesi.
Riguardo alla “scoperta” dell’America, nel 2006 la stampa internazionale ha dato grande risalto alla dichiarazione di un avvocato cinese, Liu Gang, che affermava di aver trovato in una libreria di Shanghai una mappa del 1763 con i tracciati dei cinque continenti, sulla quale era riportata una nota che chiariva che si trattava di una riproduzione di un’altra mappa del 1418. Molti esperti internazionali hanno sottolineato che quella mappa era chiaramente un falso.
Il dubbio, accentuato dai revisionisti, persiste come una nebbia sul mare. Ci sono solo tracce di rotte, frammenti di leggende e alcune mappe che suggeriscono una presenza orientale in America prima del 1492. Zheng He era l’ammiraglio che solcò gli oceani alla guida di flotte più vaste di qualsiasi sogno europeo del suo tempo. Ma oltre l’Africa, ai confini dell’Oceano Indiano, si apre un silenzio che molti, dentro e fuori la Cina, continuano a cercare di colmare: quell’esploratore cinese poté raggiungere le coste di un Nuovo Mondo che Colombo non aveva ancora nemmeno sognato?