La Germania sta per compiere un passo storico per ovviare alla carenza di manodopera: consentire ai pensionati di continuare a lavorare

Nel settembre 2025 l’Europa si è rivolta all’unisono verso la Germania. Quella che era stata una delle economie più solide dell’eurozona lanciava l’allarme: l’aumento dell’aspettativa di vita, unito a uno scenario demografico a piramide rovesciata e a un contesto inflazionistico, lasciava prospettive poco promettenti per chi stava per andare in pensione. Infatti, il sistema stava spingendo i pensionati a cercare lavoro per integrare le pensioni. Due anni dopo, la situazione non è migliorata, quindi il governo ha deciso di normalizzarla.

Come la Germania manterrà i pensionati al lavoro grazie alle agevolazioni fiscali

Una svolta strutturale. Il governo di Friedrich Merz ha presentato una proposta chiara e pragmatica: consentire ai pensionati che decidono di continuare a lavorare di percepire fino a 2.000 euro al mese esenti da imposte, una misura (il cosiddetto “piano pensionistico attivo”) concepita per affrontare la crescente carenza di manodopera che attanaglia la più grande economia europea.

L’iniziativa fa parte del pacchetto di riforme che l’esecutivo ha venduto come il suo “autunno delle riforme” e, secondo la bozza di legge in mano al Financial Times, entrerà in vigore il 1° gennaio. La coalizione con i socialdemocratici si appresta ad approvarla con l’argomento di trattenere esperienza e conoscenza nelle aziende e aumentare il tasso di occupazione in un paese che sta affrontando una delle transizioni demografiche più severe del continente.

Cosa viene offerto e cosa viene mantenuto. La misura esenta dalle tasse fino a 2.000 euro al mese di reddito da lavoro aggiuntivo per i pensionati, ma non elimina i contributi: dipendenti e datori di lavoro continueranno a versare i contributi sociali su tali salari, il che (secondo l’Esecutivo) contribuirà a rafforzare le finanze della sanità e delle pensioni, migliorando al contempo la liquidità delle aziende con esperienza senior.

Non vengono soppressi i vantaggi già esistenti per coloro che optano per il pensionamento anticipato (l’età legale rimane 67 anni, con incentivi per andare in pensione a 63 anni). Il cambiamento mira piuttosto a offrire un incentivo fiscale affinché chi può e vuole prolungare la propria vita lavorativa lo faccia.

Costo pubblico e proiezioni. Lo stesso governo stima che la rinuncia a riscuotere le imposte per questo incentivo costerà circa 890 milioni di euro all’anno a partire dalla sua entrata in vigore, una cifra che alcuni istituti ritengono ottimistica: l’IW Institute calcola un costo annuale più vicino a 1,4 miliardi e stima in circa 340.000 persone il numero potenziale di beneficiari.

Economisti come Holger Schmieding avvertono, tuttavia, che l’impatto netto potrebbe diventare positivo in due o tre anni se l’aumento dell’attività economica e dei contributi compensasse la perdita fiscale iniziale, oltre al possibile “effetto psicologico” di valorizzare socialmente il contributo degli anziani.

Lezioni internazionali. Il governo guarda, tra gli altri esempi, alla Grecia: quando Atene ha permesso ai pensionati di mantenere integra la loro pensione e di pagare un’imposta aggiuntiva a un’aliquota ridotta (10%) sul loro reddito da lavoro, i lavoratori pensionati sono passati da 35.000 nel 2023 a oltre 250.000 nel settembre dell’anno successivo, un balzo che illustra il potere degli incentivi fiscali nel mobilitare l’offerta di lavoro tra i gruppi più anziani.

Questa esperienza è utilizzata a Berlino come segnale che la politica può funzionare, anche se la scala, le strutture lavorative e le culture occupazionali differiscono.

Conseguenze sul mercato del lavoro. L’iniziativa mira ad affrontare diversi sintomi strutturali: la Germania registra oggi alcune delle giornate lavorative medie più brevi dell’OCSE e una marcata crescita del lavoro a tempo parziale (che raggiunge già il 30% della forza lavoro, più del doppio rispetto all’inizio degli anni Novanta). La politica mira sia ad aumentare le ore effettive sia a trattenere il capitale umano che altrimenti sfuggirebbe alle aziende.

Mantenere in organico il personale senior può contribuire a ridurre i colli di bottiglia nei settori con carenza di personale qualificato e facilitare il trasferimento di know-how, ma pone anche la sfida di adattare le mansioni, l’ergonomia e le politiche interne a un organico più anziano.

Rischi politici ed economici. Il rischio principale è duplice: da un lato, la misura può penalizzare i giovani e i dipendenti nelle prime fasi della carriera se le aziende scelgono di mantenere i posti di lavoro con stipendi più bassi e lavoratori più esperti.

D’altro canto, la stima fiscale dell’Esecutivo potrebbe rivelarsi insufficiente se l’adesione fosse elevata, mettendo sotto pressione i conti pubblici in un momento in cui il costo dei sistemi sociali già grava sul bilancio. Inoltre, ricordava il Times, esiste una dimensione di equità e narrativa pubblica: promuovere il lavoro più a lungo è politicamente delicato quando ci sono settori con occupazione precaria o salari stagnanti.

Pragmatismo con dubbi. In definitiva, il piano di consentire 2.000 euro esenti da imposte ai pensionati che lavorano è, in sostanza, una risposta pragmatica e tecnocratica a uno shock demografico e alla mancanza di manodopera qualificata: cerca di monetizzare l’esperienza, sostenere i contributi e guadagnare forza economica senza ricorrere esclusivamente all’immigrazione di massa o a bruschi aumenti dell’orario di lavoro.

Tuttavia, il suo successo dipenderà dall’entità dell’adesione, da come sarà combinato con altre politiche del lavoro (formazione, conciliazione, ridistribuzione del lavoro a tempo parziale) e dall’onestà delle proiezioni fiscali: se l’adesione sarà elevata, il costo potrebbe avvicinarsi alle cifre più pessimistiche, e se sarà moderata, l’iniziativa potrà diventare un rispettabile esercizio di adeguamento istituzionale che contribuirà ad allungare la vita attiva di molti e ad attenuare, in parte, il costo dell’invecchiamento. Uno scenario sconosciuto che anche il Giappone sta prendendo in considerazione.